Recensione, Storia della psicoanalisi, di A.Ciocca, a cura di D.Ceciliani


 

  1. Ciocca (2014), Storia della psicoanalisi, Bologna, Il Mulino.

 

Daniele Ceciliani

 

Ciocca esordisce informando il lettore che Sigmund è l’abbreviazione che Freud scelse per modificare il suo nome, Sigismund Schlomo (Salomone, il saggio). Cala chi legge a metà del XIX secolo e lo porta subito a Příbor, in Moravia. Gli presenta il padre Jakob e la madre Amalie, venti anni più giovane di lui. Disegna la famiglia Freud con le sue particolarità, Sigmund aveva due nipoti coetanei, John e Pauline, figli di un fratellastro di Sigmund, nato dalla prima unione del padre. Poi chi ha in mano il libro ha l’impressione che si trasformi, che le sue mani si muovano e dispieghino una cartina geografica. Viene teso un filo che porta a Lipsia, infine a Vienna. Vediamo ora un giovane il giorno della sua laurea in medicina, nella primavera del 1881. Il dottore inizia a collaborare con <<il Laboratorio di Fisiologia del professor Brücke ma, resosi conto di non avere prospettive accademiche, nell’estate del 1882 decise di dedicarsi alla professione medica>>. Procede così Ciocca: per immagini, notizie, stagioni e odori. Non ci presenta l’autore ma l’uomo. Indicandoci persino quali altre strade avrebbe potuto prendere: a proposito del ricordo infantile di Freud nella sua casa natale, <<se fosse rimasto al paese, avrebbe sposato la ragazza e condotto una vita facile e benestante, non quella difficile che lo attendeva.>>. Quando ci siamo immedesimati nel momento storico, nella città, nei fatti personali ad esempio di Jung o di Ferenczi, ci accompagna a conoscere un loro paziente, una vita difficile che hanno tentato di aiutare. Allora incontriamo Dora, Sabina Spielrein ed Elisabeth Severn. Partecipiamo delle loro vicende dolorose e del loro rapporto con lo psicoanalista dal quale sono in cura. A questo punto chi scorre le righe inizia a chiedersi se ci sia cenno in questo volume delle teorie psicoanalitiche e dei costrutti che le hanno rese utili nella pratica clinica. Dunque forse da’ rapidamente un’occhiata alle pagine che ha appena letto e si accorge che Ciocca gli ha spiegato i termini conversione, abreazione, posteriorità e lui non se n’è nemmeno reso conto. Tanto era coinvolto negli intrecci privati, professionali e accademici dei personaggi che quasi non si accorgeva che il libro è intriso di una profonda e complessa riflessione teorica. Ciocca la nasconde tra le righe, lascia al lettore il compito di andarsela a trovare oppure la rende in parole semplici e dirette. L’intento che ne emerge non sembra soltanto divulgativo per chi è esterno alla psicologia o per chi ne ha cominciato da poco il percorso di formazione, ma anche quello di far dialogare le diverse generazioni, le differenti professioni che operano in ambito clinico e di accorciare le distanze geografiche. Lo scrive nella sua breve presentazione <<lo sviluppo e l’articolazione dei concetti della psicoanalisi sono presentati attraverso l’esposizione dei casi clinici degli autori classici; questi casi rappresentano validi strumenti per la comprensione dei problemi che gli stessi autori classici si sono trovati ad affrontare e che gli autori moderni riaffrontano daccapo spesso in modo del tutto immemore dei loro predecessori.>>. Continua <<Il taglio clinico, come è noto, tende a ridurre le differenze teoriche tra gli autori […] ma soprattutto mostra l’edificio della psicoanalisi come work in progress, cantiere aperto dove ognuno, essendo la psicoanalisi anzitutto un’esperienza personale, può e deve trovare la propria strada.>>.

Ciocca a tratti fa un’operazione interessante: mette in evidenza quando le scoperte erano a un passo dall’essere compiute ma non lo sono state, o che cosa si sarebbe potuto fare in quel caso clinico se fossero già stati pensati quegli strumenti tecnici che invece sono stati messi a punto dopo. Se Breuer si fosse chiesto dove Anna O. stesse vivendo la sua sessualità, se avesse considerato che Anna O. si affidava soltanto a lui, che egli aveva la stessa età del padre malato avrebbe scoperto il transfert e, rendendolo esplicito, forse avrebbe evitato che lei lo agisse inconsciamente con un parto isterico. Ferenczi si scontrò con il fatto che R.N. non si fidava di nessuno e coglieva in lui un atteggiamento negativo verso di lei. Credette che i sentimenti persecutori fossero solo la conseguenza delle esperienze traumatiche infantili della donna, senza riuscire a vederlo nell’attualità del rapporto terapeutico. Ritenne che non servisse interpretarli e tentò così di dare la sua completa disponibilità (più sedute, anche quattro o cinque al giorno, anche nei giorni festivi, anche durante le vacanze, anche gratuitamente ecc.) ma non funzionò, R.N. lo ritenne un modo di torturare i pazienti ed esigette una analisi con regole più definite. Il riconoscimento del transfert e del controtransfert negativo e il conseguente lavoro di elaborazione sul conflitto interno tra odio e amore, <<è un passo che Ferenczi non riuscì a compiere.>>.

La storia della psiconalisi avanza di pari passo con la Storia, ma non ci sembra di studiare un saggio sugli accadimenti e sui modelli teorici, piuttosto abbiamo l’impressione di leggere un copione o di guardare delle scene di un film. Ciocca si reca a Londra ed espone la psicologia psicoanalitica dell’Io, poi scende a Berlino e a Vienna ed approfondisce il sistema kleiniano. Improvvisamente ci pare di essere scesi in un seminterrato, fuori imperversano i bombardamenti sulla capitale inglese. Stiamo assistendo alle Discussioni controverse (1942-1944), per ironia della sorte gli psicoanalisti viennesi di impostazione kleiniana, costretti ad emigrare nel Regno Unito, si ritrovano fianco a fianco con i loro rivali, i seguaci londinesi di Anna Freud. Mentre la guerra scuote il mondo occidentale, i due gruppi si incontrano e raggiungono il Gentlemen’s agreement, si formano così il gruppo A (Klein), il gruppo B (Anna Freud) e il Middle Group (Winnicott, Bowlby e altri) della Società Psicoanalitica.

L’autore del libro dà ampio spazio all’opera di Bion, sottolinea che è nato in India da una famiglia coloniale inglese. <<I ricordi della sua infanzia sono la natura calda, la bambinaia indiana, i miti della religione indù, la suggestione della cultura dell’oriente. A 8 anni fu inviato per gli studi in Inghilterra, un freddo college di pietra dove visse angosciosamente il contrasto con la cultura inglese, imperiale e formale.>> Ci muoviamo adesso in una parte del libro più offuscata e nebulosa, di più ampio respiro. E’ come se da principio fossimo seduti, invisibili in un angolo, nello studio del dottor Freud e ne osservassimo i colloqui con i pazienti e le lettere scritte a mano. In seguito Ciocca ci fa entrare ad un ballo, in un elegante e lussuoso salone viennese, quando ancora nessuno è arrivato. Mano a mano che procede la lettura la sala si riempie e i personaggi, provenienti da diverse parti d’Europa, interagiscono tra di loro: parlano di argomenti molto seri, si concedono qualche passo di danza, si entusiasmano, litigano. A questo punto del libro la macchina da presa sembra spostarsi verso un luogo più appartato e intimo, forse uno scoglio impervio della costa scozzese che si affaccia sull’oceano. Ci avviciniamo ad una delle ultime formulazioni del lavoro bioniano, la trasformazione in O. <<Bion sente di essere giunto al nucleo del mistero dell’esperienza umana […] O non è solo il limite epistemologico della conoscenza, ma anche il limite ontologico dell’esperienza.>>.

In conclusione di questa storia della psicoanalisi, lo zoom si allarga repentinamente, assistiamo ad una rapida panoramica degli indipendenti britannici, degli autori francesi (dalla principessa Bonaparte a Lacan), italiani e americani (in particolare Kohut). Passa in veloce rassegna anche le teorie relazionali, quella dell’attaccamento, l’intersoggettività e la teoria del campo. Emergono dal planisfero una pluralità di volti e di voci.

Il libro appare come un passaggio del testimone alle ultime generazioni, specialmente ai giovani psicologi e ai nuovi psicoanalisti. Ciocca, nonostante si noti una grande conoscenza della materia, ci tiene a non mostrarsi più colto o preparato del lettore, <<Lo psicoanalista non deve essere necessariamente più intelligente del paziente come il generale non deve esserlo più del soldato ma deve conservare la capacità di pensare sotto il bombardamento delle bombe (emotive).>>. E’ il turno dunque dei professionisti di oggi, quello di mantenere la capacità di pensare: nel momento storico che stiamo vivendo, nelle nostre città odierne, di fronte alle sfide cliniche del mondo globalizzato attuale.

 

 

Daniele Ceciliani è Psicologo, lavora presso la Casa Famiglia “Rosa Luxemburg” di Capranica (VT). Socio-fondatore della Cooperativa Sociale “Il Funambolo”. Laureato in Psicologia dinamico-clinica dell’infanzia, dell’adolescenza e della famiglia, Sapienza Università di Roma, con la tesi “Il Compagno Adulto: un’esperienza sul campo”, Relatore Prof. Claudio Neri. Tirocinio post-lauream presso l’Unità Tutela Minori al TSMREE (XV Municipio) della ASL RomaE. Co-autore del volume collettaneo “Fare gruppo nelle istituzioni” a cura di C. Neri, R. Patalano, P.Salemme (FrancoAngeli, 2014).

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