Théodore Géricault: La zattera della Medusa


Théodore Géricault: La zattera della Medusa (Le Radeau de la Méduse), 1818-19, olio su tela, cm. 491×716, Louvre, Parigi.

zatteraNel luglio 1816 la fregata francese Méduse naufraga al largo della costa del Senagal a causa della negligenza e dell’incompetenza del comandante Hugues Duroy de Chaumareys. La maggiore parte delle persone vennero imbarcate sulle scialuppe, mentre circa 150 trovarono rifugio su di una zattera lunga 20 metri e larga 7, che andò alla deriva per 15 giorni, fino a quando fu avvistata e recuperata dai soccorsi inviati, tardivamente, dalla Francia. Durante questi giorni alla deriva morirono, di stenti e di fame quasi tutti i naufraghi, se ne salvarono solo 15; i superstiti hanno raccontato l’orrore di quei giorni in mezzo al mare, riportando anche casi di cannibalismo e di persone lasciatesi annegare per disperazione. Il caso creò molto scalpore in Francia, provocando la caduta del governo.

Géricault, due anni dopo l’accaduto, decise di raffigurare il momento in cui i superstiti avvistano la nave che portava loro soccorso. Nella storia dell’arte questo dipinto è uno dei primi che rappresenta un fatto di cronaca. Altra caratteristica peculiare di questo quadro è che “mette in scena” un gruppo composto da vivi e da morti: i primi nella parte superiore, i secondi nella parte inferiore, in mezzo un groviglio di persone allo stremo e di moribondi.

René Kaës, nel suo studio sulle rappresentazioni di gruppo, individua quattro fantasie primarie o fantasmi che organizzano il modo in cui il gruppo si rappresenta:

  • i fantasmi intra-uterini
  • i fantasmi della scena primaria
  • i fantasmi di seduzione
  • i fantasmi di castrazione

Lo psicoanalista francese nota che La zattera della medusa è organizzata da fantasmi intra-uterini che sono, come evidente, in stretta relazione con la rappresentazione del gruppo come corpo materno, e rendono conto dell’enigma dell’origine. Il gruppo di naufraghi è visto come un utero o come placenta nutrice, mortifico o salvifico, pronto ad espellere i suoi “membri-feti” o ad imprigionarli. Il gruppo è visto come un’isola, o comunque come un corpo isolato: “La fantasmatica intra-uterina rappresenta il desiderio del ritorno al ventre materno per evitare la realtà esterna fonte di insicurezza, e nello stesso tempo la difesa opposta a questo impossibile ritorno” (Kaës, 1976, p. 70).

Marco Tramonte