Matrici di Social Dreaming


Negli anni 2002-2007 in collaborazione con le Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi dell’Aquila, e in occasione della collaborazione alla nascita della Facoltà di Psicologia,

 

Argo ha svolto attività formative con gli studenti del biennio: gruppi esperienziali; laboratori; gruppi con oggetto mediatore

Ci auguriamo di inserire altri materiali di esperienze condotte nei vari ambiti

 

In collaborazione con Gordon Lawrence, che pubblicava in quegli anni Infinite possibilities of Social Dreaming, edited by G.Lawrence, Karnac, London 2007, fu inserito un capitolo sui tentativi condotti presso l’Università dell’Aquila, di portare l’esperienza della Matrice di Social Dreaming agli studenti di Psicologia (v. nel libro “Icon of the Social Dream: experiences at the University of l’ Aquila”, Italy, by S.Marinelli e R.Girelli).

 

Sono riportate di seguito 3 Matrici, condotte e registrate

a cura di Pina Bencivenga e l’annuncio dei seminari condotti da Argo nel 2006-2007 (per notizie ulteriori mettersi in contatto con l’associazione)

Esperienze di Social Dreaming

Pina Bencivenga

 

Studenti Facoltà di Psicologia

Università di L’Aquila

09.11.05

La prima esperienza di Social Dreaming ha avuto una preparazione alquanto insolita e movimentata. L’impossibilità di spostare le sedie dell’aula prestabilita ed in cui gli studenti ci stavano aspettando, non permetteva una disposizione ‘a fiocco di neve’, ritenuta adatta e facilitante un’esperienza del sognare sociale. E’ stata così scelta un’aula, nello stesso edificio, della facoltà di Scienze della Formazione, al terzo piano (ci trovavamo al piano terra). Lo spostamento in massa in ‘territorio straniero’ sembra aver avuto le sue conseguenze…

I Matrice (MSD1)

Sogno1 (S1): “Mi trovo a casa dei miei genitori, parlo con loro e nel frattempo vedo sul tavolo un pezzo di carta colorato a me ignoto, allora chiedo a mia madre che mi risponde che si tratta di una vecchia banconota, anzi sono più di cinquecento euro, assomigliava tanto ad una tela di un quadro, la metto sul tavolo in orizzontale. Vado a casa mia, che è molto più ampia, e la trovo piena di gente, entrata da una porta laterale e da lì continuano ad entrare giovani persone. Su tutti i mobili della mia casa ci sono oggetti a forma di bocca, di labbra di plastica e con acqua dentro con due pupazzi laterali, cose inutili, sono dappertutto. Io sono infastidita da questi oggetti, proprio non ce la faccio, sento invadere i miei spazi, la mia casa, ma gli altri sembrano affascinati – Visto che bello?- dicono. Uno di loro dice che sono stati chiamati i Vigili del Fuoco e che sono molti arrabbiati, non daranno più il permesso. Quest’ uomo allora mi dà la mano, una mano umidiccia e sgradevole e mi sveglio”.

 

S2: “Ho sognato che il mio ragazzo mi riempiva l’appartamento di figurine dei calciatori, lungo tutti i muri e i mobili”.

 

S3: “Ho sognato la moglie del custode del palazzo in cui vivo, Andreina, malata da tre giorni con febbre, fa analisi d’ogni tipo, ma non si riesce a capire cosa abbia. Nel sogno parlavo con lei e mi dicevo, quindi, che se riusciva a parlare con me era guarita, non era più malata”.

“Sembra che dentro di me risuoni che la conduzione di Francesca e Raffaella crei un nuovo edificio, l’arrivo di qualcosa di molto diverso rispetto alla lezione”.

 

S4: “Ero alla mia seduta di laurea, ma in un posto mai visto prima, con un giardino bellissimo, all’improvviso mi viene detto di entrare e cerco nella commissione volti noti, ma non riconoscevo nessuno, nessun professore. Le domande che mi ponevano non c’entravano con quello che avevo preparato, penso che non sono capace, mi chiedono dei passi di danza – Deve fare il passo a due se si vuole laureare – mi dicono”.

 

A me viene subito da pensare a quanto si stia parlando della difficoltà a immaginare ed a partecipare ad esperienze che coinvolgono esplorazioni ‘psichiche’ in un setting non più duale, ma di gruppo.

Alla conclusione di questo racconto segue un lungo silenzio, pian piano sento crescere l’imbarazzo e sembra che ognuno cerchi di delegare l’altro all’interruzione del silenzio da una parte, a proseguire l’evoluzione dei pensieri dall’altro.

La prof.ssa fa accenno all’emergente contrasto di elementi a cui sembra si sta assistendo, irruzione, intrusione, antipatia i motivi fondamentali. L’immaginazione va a Magritte e ad un suo dipinto che rappresenta una grandissima bocca rossa su di una spiaggia: la sensazione che dà è di sconcerto e spaesamento. E il rifacimento-citazione di questa opera da parte di Pascali (una enorme bocca di legno) riporta ad una sensazione di trovarsi davanti ad un oggetto industriale…pubblicitario…

 

E la bocca, nell’associazione di Francesca, nel ruolo di facilitatrice dell’esperienza, rappresenta “…il primo canale di esplorazione: attraverso la bocca mi nutro o mi bacio…” la bocca è il primo canale esperenziale.

 

Tutto questo porta una studentessa a fare un’associazione con quello che sta succedendo all’interno dell’istituzione universitaria. Racconta che il giorno precedente vi è stata la partecipazione di tutti gli studenti della nuova facoltà di Psicologia ad una riunione indetta al fine di comunicare, anche a loro, decisioni prese a riguardo del cambiamento di piani di studio e assetti strutturali del corso di laurea. Lei parla della riunione come “La riunione sui problemi dell’Università…”, dei cambiamenti “a scopo di lucro” (la banconota) e dell’invasione di quelle che una volta erano state figure di riferimento (gli amici invasori del primo sogno), che ora stringono le mani degli studenti per trattenerli, ma che, invece, hanno anche reso possibile la destabilizzazione dei loro assetti precedenti.

La portatrice del primo sogno va via, lasciando in consegna il suo sogno: “Intanto vi lascio il mio sogno”.

Una studentessa riporta il suo ricordo e la sensazione spiacevole di parole vuote che sente da diverse persone.

Lo scambio, a questo punto, ritorna ad un livello simbolico, sembra che l’associazione delle immagini con il clima d’urgenza che si sta vivendo possa essere solo accennato, non pensato.

“Quando il presente è complesso e in rapida trasformazione, non si può facilmente discernere il futuro. Noi perdiamo la strada. Abbiamo bisogno di vedere ciò che non può essere visto”, (K. Eisold).

 

S5: “Sogno il mare, un mare completamente piatto, chiaro, invitante, è il mare che preferisco. Un’amica mi telefona dicendo che il mare è agitatissimo, io sono sgomenta vedendo dalla finestra il mare ancora piatto. E mi spavento, cerco di acquisire il suo punto di vista, mi affaccio e vedo la barriera corallina come dei massi nell’acqua e un mare diviso a metà…arrivavano dei cavalloni altissimi come quelli dell’oceano…sentivo una sensazione di pericolo, ma come stilizzata, una minaccia non incombente. La schiuma ha una testa di drago/ippocampo, una creatura con un muso piccolo rispetto al corpo.

La prof.ssa, portatrice del sogno, ricorda di averlo fatto la notte corrispondente al giorno in cui si parlò a lezione della nozione di mamma-drago, come relazione in cui ci si sente divorati dagli stessi oggetti di accudimento.

Io penso alla mamma-università-drago, che fino ad oggi ha allevato e protetto i suoi figli-studenti in un clima di serenità ed intimità ed ora sembra far ritrovare davanti a perplessità, insicurezze, intrusioni e destabilizzazioni da cui ci si sente divorati, nella scomoda posizione di figli-studenti, alla ricerca di competenze adulte che facciano ‘spiccare il volo’. Penso ad angosce di perdita, a bisogni di protezione e dipendenza non soddisfatti.

È ancora la prof.ssa a parlare accennando ad un bambino psicotico con cui lavora una sua amica-collega e al racconto di quest’ultima riguardo il tema del drago, persistente nelle fantasie di questo bambino. Una volta il bimbo disegnò un drago vicino ad un lago e gli fu chiesto se il drago avesse bevuto o meno l’acqua del lago. La sua risposta fu: “NO, altrimenti perde le fiamme”.

Una studentessa verbalizza la sua associazione con il drago di una fiaba, la bella addormentata nel bosco, “…ma il mare è viola ed ha un finale che mi terrorizza…”.

S6: Un’altra studentessa racconta un sogno, che fa da quando si è trasferita nella città di L’Aquila.“Mi trovo a L’Aquila, ma c’è il mare, mi dà confusione, mi era mancato ed ora il mare è qui, ma mi sento anche felice, c’è addirittura un faro, è un vero contesto di mare”.

Io penso all’arrivo della Psicoanalisi-mare (la studentessa ha cominciato a fare questo sogno circa tre anni fa) a cui ci si rivolge assetati, un faro nella confusione, una fonte di risorse nel processo di crescita, una scoperta nuova ed una primordiale antica conoscenza, ma anche mare faticoso da affrontare e da assimilare.

E penso all’istituzione universitaria (mamma-drago) di matrice medica, con tutte le sue contraddizioni e alla sua apertura/chiusura a nutrirsi dell’acqua-psicoanalisi, al timore ‘…di perdere le fiamme…’.

S7: “Sogno un mare mosso in cui vengono travolte delle persone, tra cui mia sorella. La perdo, cerco sulla spiaggia di trovarla chiamandola, sento la responsabilità della sua incolumità. Vengo travolta anch’io, ma mi sorprendo nel respirare sott’acqua, come un pesce, non sto soffocando. Sento angoscia, la cerco, ma lei non risponde.

S8: “Sogno spesso nuotate sempre più lunghe, riesco a trattenere il respiro, perché ho due polmoni così…”

S9-10: Due sogni di una delle conduttrici dell’esperienza, Raffaella,“Ho sognato dei neonati in mare in pericolo di vita e il mio affanno per salvarli, ci riesco, naturalmente, solo con alcuni”.

“C’è mia sorella in mare, rischia di affogare (nella realtà mia sorella ha difficoltà di deambulazione indipendente) e invece serenamente riesce a salvarsi”.

S11: “C’è una caverna con due strisce di giardino che si congiungono davanti ad essa e al cui centro vi è un burrone. Ci sono molte persone senza distinzione di sesso, si sente angoscia per la presenza di un serial killer che aveva rubato qualcosa. A questo punto le persone cominciano ad avere dei volti, i volti dei miei familiari – Ha preso Roberto- mi dicevano (mio fratello)…io cercavo di urlare per farmi prendere al suo posto. Mio fratello toglieva il passamontagna e vedo che è ferito e mi dice –No, tocca a me, ne esco fuori io-”.

Una studentessa ritorna al terremoto del 1987, lei aveva cinque anni e la sorella era appena nata e ricorda l’insegnamento del padre che, in quell’occasione, le disse che nei momenti di spavento era opportuno rimanere lucidi. La sorella era nel box e lei la prese per portarla via. La sensazione di profonda angoscia provata le ritorna in ogni occasione di preoccupazione.

Dialoghi

A questo punto cambiamo la disposizione delle sedie facendole assumere una conformazione a cerchio. Molte persone sono andate via, alcune lo avevano anticipato, altre no.

La diversa disposizione sembra sollecitare il confronto e le domande. La curiosità per il non conosciuto, o meglio il “conosciuto non pensato”, sembra essere alla base dell’angoscia che si sente circolare nel gruppo. Il primo sogno, così come quello in cui la studentessa era spaesata alla sua seduta di laurea, sembrano chiedere una chiarificazione dell’obiettivo di questi incontri (lezione o terapia?).

Un sottogruppo (composto da chi aveva già partecipato a questo tipo di esperienza durante l’anno accademico precedente) cerca, allora, un collegamento con le esperienze precedenti (sogni d’acqua, contesto universitario come contesto sociale emergente, sogni di lunghezze percorse, viaggi, di un prolungarsi nel futuro) forse anche per placare il disorientamento dei nuovi e la resistenza al pensiero e all’inconscio sociale. Il primo gruppo sembra indicare al secondo la strada per una piena partecipazione ed un atto di fede che porterà i suoi benefici.

E il movimento a cui si assiste sembra essere quello di una continua oscillazione tra il lasciarsi andare al nuovo e l’attaccamento al vecchio, tra il focus sul gruppo sociale e il ritorno all’individuo, tra l’amplificazione del pensiero e la ricerca di un valore terapeutico dell’esperienza. Il gruppo sembra aver assunto su di sé il motivo fondamentale della seduta: la rivelazione di immagini e significati contrastanti (un mare diviso a metà).

Un senso di colpa sembra sentirsi per l’appropriazione di spazi che non ci appartengono in modo trasgressivo e individualista (cambio dell’aula).

Quello che può essere affrontato ora è il tema del cambiamento, dei passaggi e delle trasformazioni e un attimo dopo tutti sembrano prendere coscienza delle connessioni tra la paura e l’angoscia dei sogni d’acqua e una mancata metabolizzazione ed elaborazione (sorelle e fratelli).

La prof.ssa parla di cose che tornano e che non si riconoscono, della perdita di fratelli e sorelle come perdita di se stessi. Ma si riesce a trovare i mezzi di salvataggio speciali (polmoni grandi, respirare come un pesce) anche in balia di enormi difficoltà, e a tornare nel luogo di dolore come meccanismo adattivo.

Sono sogni questi, allora, che portano paura, ma anche speranza (persona guarita).

E questo percorso di speranza sembra essere indicato da una studentessa che vede, in quello che ci si è detto e raccontato, un’evoluzione che parte dai sogni di confusione, passa attraverso la disperazione e il dolore per approdare alla visione della speranza.

 

Esperienze di Social Dreaming

Pina Bencivenga

 

Studenti Facoltà di Psicologia

Università di L’Aquila

16.11.05

 

II Matrice (MSD2)

“Chi ha un sogno?”

Io piuttosto ho il contrario: l’altro giorno ero convinta di ricordare un sogno per portarlo, ma mi sono riaddormentata e al risveglio, con dispiacere, il sogno non c’era più.

 

S1: Con un’amica ci siamo tinte i capelli, ma uscivano male…tutte bionde, così brutte”.

 

S3: Ho sognato dei pesci rossi che uscivano dall’acqua e morivano. Io cercavo delle buste e bacinelle per prenderli, ma erano rotte e così non riuscivo a salvarli”

Sembra un sogno importante questo per i partecipanti, vi fa seguito un silenzio che sembra cercare un’evoluzione di quello stimolo.

Raffaella associa i pesci rossi “…ai nostri sogni che mettiamo nella matrice come pesci rossi nel sacchetto.”

I pesci rossi ricordano la comune sensazione di ‘sentirsi un pesce fuor d’acqua’ (siamo nell’aula della vecchia facoltà), ma anche il fatto che non si sta facendo lezione, ma ci ritroviamo insieme, in un contenitore sconosciuto a raccontarci sogni sociali.

S4: E’ la prof.ssa a sognare, Nel mio sogno il Preside entrava in una stanza (una stanza che non conosco nella realtà), era come se fossimo in un convegno. Lui era lì con una sorta di richiesta di accoppiamento, accoppiamento di parole, pensieri o corpi. Io rispondevo che era meglio non confondere le aree, ma mi chiedevo anche se non fossi io a volere questa comunanza, inducendo poi lui ad inscenarla. Mi chiedevo di chi era il desiderio”.

Si riflette, allora, sugli elementi di duplicità che sembrano appartenere al campo comune, sociale di questa matrice rappresentati dall’accostamento-accoppiamento della Psicologia con la Medicina, voluto da chi?

S5: “Indossavo un vestito da sposa, ero alla scuola magistrale e dovevo fare un compito in classe, andavo un attimo in bagno e c’era una ragazza con una ferita alla mano. Pensavo che doveva fare attenzione al vestito, poteva sporcarmelo, e infatti vedevo delle strisce di sangue, mi alzo la gonna e vedo una ferita sulla gamba, vedevo la profondità della ferita. Ho lavato il vestito con l’acqua, e questo diventava rosa, come il sangue lavato, ero sconvolta.

Il tema del ritorno alle scuole superiori, come ritorno ad una fase precedente di crescita e sviluppo, nel particolare contesto di una prova di abilità (compito in classe), che è sempre anche fonte d’ansia, torna nel corso di questa matrice e si ripresenta nella terza.

S6:Ero in un contesto simile, era il giorno del mio matrimonio, eravamo all’Istituto Olivio, una scuola media, io ero con mio padre che mi avrebbe accompagnato all’altare. Mi sposavo vestita di nero, ma non avevo una sensazione di lutto, era un vestito da sera, molto bello, in due pezzi, un corpetto e la gonna. C’erano altre ragazze, che facevano lo stesso. Non ho visto lo sposo che mi aspettava ero solo con mio padre e poi tornavo indietro, così come tutte le altre.

S7: “Dovevo fare da testimone a due amici che dovevano sposarsi. Si sposavano all’interno di una piscina, grande e azzurra. Tutti gli invitati erano nella piscina, arrivavo in ritardo e dalla parte posteriore di questa dovevo arrivare davanti, era difficile riuscire a passare. C’era un’atmosfera di gioia, un sole forte era una bellissima giornata. 

S8: Nel mio sogno ero una damigella, con un vestito lilla, come nel film ‘Il Matrimonio del mio migliore amico’ e pensavo a quanto era brutto il mio vestito.

 L’associazione successiva mette in risalto la presenza costante dei colori nei sogni raccontati (capelli, pesci, vestiti, sangue), così come nel gruppo stesso (basco rosso, golfino rosa, capelli rossi)“…come petali colorati in una atmosfera sognante.”

Questo ci fa anche pensare che possiamo dare coloriture diverse agli eventi del nostro contesto.

La prof.ssa pensa alla simbolicità dei colori che assegna ad ognuno un significato diverso, una comunicazione. Il linguaggio dei colori sembra dare la possibilità di acquisire un nuovo linguaggio, comune e individuale allo stesso tempo, un simbolo per le nostre esperienze.

Diversi significati in differenti culture (bianco-nero, festa-lutto, cerimonia di laurea ad una studentessa morta) mostrano la disputa sulla relatività dell’apparenza e ci pongono interrogativi sul nostro modo di guardare al mondo (in bianco e nero o a colori?)

Il colore fa pensare anche alle diverse tonalità che vi possono essere a formare miscela ben amalgamata e definita e, inoltre, ‘…le tonalità sono modulabili’. Sembra si stia parlando delle infinite possibilità di compresenza e di pensiero e come queste si possano e si stiano esperendo nella matrice, alla ricerca non di una verità assoluta, ma di un significato condiviso.

“Di tutti i colori. Ne abbiamo viste di tutti i colori. Ma anche ne diciamo di tutti colori…”

“Questo mi riporta ai tre film – Film Blu, Film Bianco, Film Rosso – (una moglie perde il marito, un famoso musicista, un matrimonio non può essere consumato…)”, dice Francesca.

“Prima le persone si coprivano di cenere in occasione della morte di qualcuno al fine di identificarsi con il morto, non per esprimere il proprio lutto”.

Sembra si stia parlando della possibilità di essere vivi e presenti nel lutto. Il sognare i differenti e duplici colori sembra parlare della difficoltà di vedere se stesso come psicologo individuale e in gruppo, nel gruppo della matrice si può essere uno psicologo o un insieme di psicologi. Il colore e la sua profondità, rispetto ad un colore esterno e superficiale parla dell’elemento del doppio, uguale e diverso, corpo e mente, adesione o non-adesione ad un progetto che unisce e ‘mischia’ medicina e psicologia: mi mischio o non mi mischio?

Con l’aiuto dei colori si sta costruendo un linguaggio di sogni e di fiori che è anche un apporto di pensiero e contributo.

 

Dialoghi

 Prima della conclusione della pausa alcuni vanno via, gli altri, la maggior parte, sono già disposti in cerchio. Vedo formarsi delle coppie di conversazione, sono cinque coppie, le due conduttrici, la prof.ssa con una studentessa, le studentesse tra di loro, una coppia è dietro le conduttrici. Sogno le antiche, colorate coorti francesi in cui nasce e si fa cultura. La coppia in disparte viene invitata ad unirsi al cerchio, predisposto per i dialoghi, pian paino si fa silenzio, tutti sembrano desiderosi di ricominciare.

Ho l’impressione che sia più semplice oggi attingere all’esperienza matriciale, i sogni e le associazioni sembrano circolare più liberamente, svincolata la possibilità di prendere contatto con le difficoltà presenti nell’istituzione di appartenenza. I temi, solo velocemente accennati nella prima matrice (cambiamento, trasformazione, doppio), ora entrano nella coscienza passando dalla porta che viene aperta dai sogni e trovano spazio di pensiero nella matrice. Anzi sembrano aver cominciato a circolare anche al di fuori di questa: “Ora se ne parla dappertutto, esce fuori anche dai rubinetti”.

“L’ esame dei cambiamenti dell’ ambiente e della società, fatto attraverso il prisma dei nostri sogni, ci consente di essere in contatto con impulsi e desideri collegati del conscio e dell’ inconscio, rendendoci capaci, così, di diventare più consapevoli dei cambiamenti che si verificano nel mondo psichico”, (Judith Szekacs).

Ripenso alla definizione di Kaets della “Capacità negativa…in cui le domande possono essere mantenute aperte senza l’irritante ricerca dei fatti e della ragione”. “La matrice non è un luogo nel quale si possa dare risposta a domande difficili, ma permette di porle. La lezione che può offrire, in un momento in cui le tensioni sono alte, è che invece di indirizzare le nostre energie a trovare risposte, può essere più utile chiedere in quale tipo di contenitore abbiamo bisogno di lavorare per lasciare aperte le domande”, (P. Tatham, H. Morgan).

Ci si interroga, allora, sulla valenza terapeutica della matrice. E i contributi vengono da tutti:

Luogo dove è possibile raccontarsi i sogni. In altri contesti, racconti il tuo sogno come uno sfogo, qui c’è uno scambio…e i sogni di angoscia sono esprimibili, in un setting del genere”. (condivisione, ‘funzione del sogno di un contenitore su richiesta’, R. Friedman).

Ci si può lasciar andare, si sente un contatto emotivo dai cui si trae beneficio”.

Sentiamo in azione una funzione mentale sociale che mi rende comune con gli altri”, (funzione soggettiva), secondo C. Neri “La condivisione dei sogni crea, inoltre, un forte senso di coesione affettiva.”

Il sogno sembra essere un momento di compenetrazione, che ha la funzione di rincontrarsi con se stessi.

Il Social Dreaming ci apre, così, non solo la “ via regale”, la via maestra all’ inconscio, ma anche una via molto “democratica” a un miglior senso della realtà e una relazione più creativa con la nostra vita, (G. Lawrence)

 

Esperienze di Social Dreaming

 Pina Bencivenga

 

Studenti Facoltà di Psicologia

Università di L’Aquila

23.11.05

 

III Matrice (III MSD)

S1: Sogno che devo comprare uno specchio per la mia camera, lo compro e volevo tagliarlo, ma era troppo spesso, non sapevo se era specchio o vetro”.

S2: Ero in ospedale con un bambino, non sapevo se avevo partorito io o un’altra persona, avevo in braccio questo bambino piccolissimo maschio. Sembrava dormisse, ma mi accorgevo che era morto, non sapevo come dirlo a questa persona e volevo pensare che dormisse. Mi sono svegliata con una sensazione di forte angoscia.”

Torna il tema della duplicità e la difficoltà di distinzione tra reale e immaginario (mare piatto/mosso; specchio/vetro; bianco/nero). Ci si sta forse interrogando, ancora una volta, sul sogno sociale, sulla duplice modalità di vedere alla matrice: esperienza individuale o interpersonale. Ma noto un movimento diverso rispetto ai precedenti incontri: “Mentre il ‘dominio privato’ viene sempre rispettato profondamente, il ‘personale’ si apre ad essere fertilizzato da nuovi significati, (Judith Szekacs), (‘non sapevo se avevo partorito io o un’altra persona’).

S3: Una studentessa ha partecipato alla prima matrice, non alla seconda, ma, la notte prima di quest’ultima, lei fa questo sogno: “Ero a casa mia (ma nella realtà non conosco quella casa), stavo cucinando, c’era mia mamma, mio fratello. Ero indaffarata a preparare, ma mia madre mi dice di non preoccuparmi: – è già tutto pronto – dice, -c’è la signora di là che sta preparando-. Vado a vedere e trovo la Prof.ssa Marinelli che prepara un sugo con salsicce e patate, dico che non ho mai visto prima un sugo fatto con questi ingredienti, la prof. mi risponde: -C’è sempre qualcosa di nuovo, chissà che non ti piaccia”.

La prof.ssa pensa allora al vero pesto genovese, nel quale vengono aggiunti oltre a tanti altri ingredienti, anche le patate e che lo rendono più cremoso, granuloso ma amalgamato.

Una studentessa pensa alla prof.ssa che, cucinando, ‘… prepara nutrimento, addirittura ha una ricetta nuova.’

La conduttrice Francesca collega questa affermazione con l’esperienza del social dreaming come esperienza nuova implicante aspetti nuovi e di incertezza.

E’ un’altra studentessa ad intervenire portando il confronto tra matrice e gruppo, tra modalità comunicative differenti (nella matrice si sente una maggiore possibilità di una comunicazione circolare e l’assenza di schieramenti e separazioni). Si parla del valore del silenzio, dell’angoscia che suscita in qualcuno, del piacere in altri.

S4: La prof.ssa riporta un sogno raccontato in occasione della sua prima partecipazione ad un’esperienza di social dreaming, con Gordon Lawrence, in Italia per la prima volta, “Ero vicina alla riva del mare, ma l’acqua era bassa, come quando si è sulla spiaggia e i bambini possono giocare perché l’acqua rimane bassa. Arrivava una grande nave ed io ero preoccupata sia per i bambini che indossavano delle maschere e guardavano sott’acqua, sia perché, se la nave poteva arrivare fin lì, forse non aveva la chiglia. Ma non succedeva niente e me ne meravigliavo. Gordon Lawrence rispose: – Sì, però i bambini vedevano sotto l’acqua”.

Questo riporta ancora al senso dell’oscillazione tra il vedere e il non-vedere e alla profondità e duplicità dei sogni, ripreso dal successivo sogno:

S5: Spesso sogno di svegliarmi e continuare il sogno che stavo facendo. Spesso sogno il mio cane, sono a letto, sto dormendo e sento che si avvicina, sento proprio i rumori e che mi lecca la mano. Nel sogno penso che sono a L’Aquila e non a casa mia, oppure mi sveglio, sempre nel sogno, e penso che non è impossibile.” .

Il doppio permette il ritorno al pensiero della nascita della nuova facoltà a cui si guarda con incertezza e ambivalenza.

E’ un sogno, che riprende motivi ridondanti in queste matrici, a segnare questo ritorno

S6: Dovevo discutere la mia tesi, ma non sapevo dove dovevo andare. Sapevo che dovevo discutere quel giorno e pensavo arrabbiata che avrebbero dovuto dirmelo prima”.

S7: Ho sognato che uscivo da casa con le ciabatte e volevo tornare indietro in fretta, ma l’autobus non passava”.

Questo sogno viene ripreso da molti partecipanti che parlano di esperienze e sensazioni di inadeguatezza (a piedi scalzi) in situazioni in cui vengono messe alla prova competenze e abilità (compito in classe e interrogazione).

S8:Sogno spesso di stare all’esame, di fronte al prof. e non so niente”.

S9:Sono sia all’Università che all’ultimo anno di liceo, devo sia fare l’esame di maturità che studiare per l’Università e cerco di dire al prof. che non posso fare latino, ho da studiare per l’esame, ma lui risponde –Tu devi venire… sai…per la frequenza…-

S10:Stavo facendo l’Esame di Stato e mi stava andando male e nel sogno pensavo che potevo stare tranquilla perché ero all’Università. Ma c’è sempre una ragazza che io definisco il mio Super-Io che mi ammonisce e mi esorta a studiare per il compito di matematica. Io cerco di replicare che l’ho già fatto e cerco così di autorassicurarmi”.

S11:Ero nella scuola dove ho fatto l’ultimo anno di liceo e le scuole medie e non riuscivo a fare i conti…ero bloccata”.

S12:Il mio cane si suicidava andando contro il muro e sbattendoci la testa più volte. Il cane era consapevole, era molto triste e ci salutava prima di andar via”.

Sembra si stia parlando del timore che la matrice possa essere un Super-Io che giudica e testimonia la morte e del terrore che questo suscita. Per salvarsi dai pericoli è allora utile mantenere un piede al liceo e attingere alle certezze che questo comporta.

I tragici eventi accaduti di recente parlano di due studentesse morte prima della laurea.

“Io non ho voluto più vedere la mia amica che ha tentato di uccidersi, ho paura di quello che potrebbe dirmi, sono arrabbiata, non riesco ad affrontare la morte di nessuno”.

“Ho tanta voglia di sentire un sogno gioioso”.

S13:Ho fatto un sogno sulla mia tesi di laurea. (Tesi che nessuno ha mai ascoltato, letto o tenuto in considerazione, nonostante io ne vada molto orgogliosa, l’ho fatta tutta da sola, quindi ho vissuto questo disinteressamento come un furto). Ero sul marciapiede in vicinanza di una fermata degli autobus, ci passeggiavo davanti con la mia tesi in mano e c’erano un ragazzo e una signora che me la rubavano. –No è mia, è tutta fatica mia, cose mie…-, e loro: -Ma no, cosa te ne devi fare, non serve a niente-. Ero impotente, e dopo mi ritrovavo a consolare la mia amica, con la stessa esperienza riguardo la sua tesi, non ricordo perché, ma non era solo un consolare, ma più un provare ad andare avanti”.

S14:Preparavo l’esame di Psicologia della Personalità, sognavo di farlo, sono entrata, e una volta seduta, mi alzavo a chiudere la porta come per dire: – Oh, no ora ce la portano via! -. Ero seduta e parlavo come in una seduta di analisi. Quando mi sono svegliata ho detto: – E’ tutta colpa di Edipo!-

 La laurea, il bambino morto, il matrimonio, la morte sembrano segnare la tragica fine dei sogni.

“Per anni mi sono svegliata urlando. Non ho mai ricordato i sogni e mio padre cercava di farmeli ricordare. Sono qui seduta e penso che mancano due persone. Ho pensato a te (indica una ragazza che è un’amica della prima studentessa morta)”.

La ragazza, incoraggiata da questa comunicazione e lasciata da parte la timidezza dice: “La mia amica è un silenzio assordante. Dovevo fare la specialistica a Roma, con lei, e invece sono qui a L’Aquila e non vedo attorno a me le mie amiche con cui ho iniziato. Eravamo amiche da tempo, il mare era il nostro gioco preferito, mi sono cadute tutte le certezze, sento tanta solitudine. Ora che però sento da voi che mi avete pensato e sognato sembra che mi sento meglio…grazie”.

Il momento è molto toccante e il contatto emotivo tra i membri e tra il gruppo tutto è molto forte.

Si parla del momento prima di iniziare le lezioni del giorno come momento in cui si ripresentava la classica divisione tra i vecchi e nuovi studenti, tra i giovani e quelli un po’ più grandi. Questa volta, però, sembra ci sia stato un movimento da parte dei nuovi a coinvolgere gli altri con un invito a partecipare ad un’esperienza musicale tramite una comunicazione spontanea che sottintendeva la percezione di un unico gruppo.

A questo punto viene annunciata la fine della matrice e l’inizio della pausa prima di riprendere con gli ultimi dialoghi del ciclo. Il forte contatto fa sentire la difficoltà a separarsi, difficoltà che parla forse anche della conclusione della matrice. Si rimane seduti, non ci si prende la pausa e tutti sembrano disposti in un abbraccio accogliente attorno alla ragazza di cui sopra. Solo al momento della ripresa e un po’ forzatamente si riprende la disposizione a cerchio.

 

Dialoghi

Viene ripreso il sogno di Claudia del cane suicida che viene definito un sogno coraggioso, un sogno sociale. Essere o meno in un sogno, entrarne ed uscirne, entrare o non entrare nella vita, che è morte.

“Ci aspettavamo qualcosa di più…” erano state le parole di Claudia, rappresentante di un momento di lotta e polemica, ad un Consiglio di Facoltà. Polemica che verbalizza le difficoltà a perdere i vecchi assetti e ad acquisire i nuovi. Solo ora sembra possibile capire il perchè l’attacco veniva fatto alla Cattedra di Teoria e Tecniche della Dinamica di gruppo e quale era la richiesta di aiuto: ci si aspettava, forse, che qualcuno che arrivava da Roma ad insegnare Psicologia, potesse dare una speranza di salvezza dalla morte e dal suicidio che sembra stia infettando l’ambiente dell’Università. Il cane suicida fa pensare ad un rito iniziatico che riguarda la morte, ma va verso la vita. La morte è l’unico evento che la psicoanalisi non interpreta e che non riesce a raggiungere. Si parla della morte incombente delle matrici e della necessità che queste lasciano di fare i conti con qualcosa di non vivo, il dolore che circola e il clima confusivo fanno sentire tutta l’ansia per la separazione e la necessità di tirare le somme del percorso fatto. Qualcuno parla della operazione di ottimizzazione dei tempi, dell’esperienza della separazione come catalizzatore delle emozioni. Il rimando all’opera di Mimmo Rotella porta l’attenzione sul concetto di opera d’arte come di qualcosa che può cambiare nel tempo, così come il sogno sociale consente di accettare l’idea che un oggetto può cambiare, non essendo mai statico. “Ma raccontare il sogno è un evento interpersonale, in cui giocano un ruolo decisivo molte variabili relazionali ed intersoggettive diverse dal materiale sognato. Imbattersi in un sogno sembra non soltanto porsi in presenza dell’inconscio, ma può anche, inconsciamente, con la storia del gruppo, mutare i sentimenti di chi ascolta e il suo rapporto con chi ha sognato. Penso che molti sogni possano non soltanto addurre informazione, ma anche impartire l’energia e la necessità della trans-formazione, (Judith Szekacs).